Il suo nome ufficiale era VFR750R ma era per tutti Honda RC30. È stata una delle moto più leggendarie della storia delle corse. Nata dalla mente degli ingegneri della Honda Racing Corporation era stata costruita per vincere. E così fece. Il 1988 segnò l’inizio di una nuova era con la nascita del Campionato Mondiale Superbike. La formula prevedeva moto derivate dalla produzione di serie, con gare disputate su due manche e un calendario su circuiti iconici. Honda si presentò con la RC30, praticamente una moto competizione ma prodotta in serie in modo da poter partecipare al Mondiale Superbike. Tra il 1987 ed il 1999 ne vennero fatti 3000 esemplari.
Nonostante avessi iniziato a seguire il Mondiale Superbike dalla prima edizione, ed avessi visto celebrare nelle prime due edizione il californiano Fred Merkel a bordo della Honda Rc30 , ciò che fece davvero innamorare di questo modello fu la lettura del libro “Ti porterò a Bray Hill” (una sorta di viaggio di nozze per portare a gareggiare sull’Isola di Man la propria “compagna” una Honda RC30) di Roberto Patrignani personaggio eclettico , prima pilota (10anni di motomondiale) , poi giornalista (scrisse per anni in riviste di settore) ed infine scrittore.
La storia della Honda VFR 750R RC 30 comincia molto prima di quel luglio 1987, quando fu per la prima volta svelata agli occhi del mondo del motociclismo. L’occasione non era una qualunque, ma la leggendaria 8 Ore di Suzuka di quell’anno. Due fanaloni tondi, livrea inconfondibile, i colori HRC, cerchi bianchi a razze sottili con un inusuale posteriore da 18” e il magnifico forcellone in alluminio monobraccio. E sulla fiancata, una scritta: V4 Force.
La sua genesi, per lo meno concettuale, va ricercata qualche anno addietro, in un modello prettamente da corsa che portava come sigla le stesse lettere, ma in un diverso ordine. Invece che VFR, RVF. La Honda RVF 750 era nata già nel 1985 per prendere parte al Campionato del Mondo Formula TT, una serie antesignana della Superbike istituita dopo l’uscita del Tourist Trophy dal calendario del mondiale GP, comprendente un misto di corse su strada come il TT stesso e l’Ulster GP e corse in circuito, tra gli altri a Misano, Assen, Brno e Jerez.
Il regolamento della Formula TT, per la sua massima categoria, la F1, permetteva di correre con motociclette che avessero ciclistica prototipo ma motore derivato dalla serie. In casa Honda si tradusse come segue: motore a 4 cilindri a V di 90° prelevato dalla stradalissima VF 750 F e debitamente elaborato, incastonato in una ciclistica che era parente stretta di quella della NSR 500 a due tempi da Gran Premio. Insomma, il massimo che si potesse desiderare. In effetti, i risultati con la RVF non tardarono ad arrivare, con 5 titoli tra il 1985 e il 1990 firmati da Joey Dunlop prima e Carl Fogarty poi. Non proprio due signor nessuno. Cui a ben vedere ne vanno aggiunti altri tre di Dunlop ottenuti tra l’82 e l’84, ma questi erano arrivati in sella alle RS 1000, 850 e 750.
A Honda piaceva vincere e, con l’approssimarsi di questo nuovo Campionato di Superbike, da corrersi con moto totalmente derivate dalla serie, iniziò a progettare una moto espressamente con questo obiettivo. Il nome, come anticipato, faceva uso delle solite tre lettere: V, F ed R, con un’ulteriore R dopo la cilindrata a rimarcare il concetto del racing, per distinguersi dalla sorella più tranquilla VFR 750 F che già era in vendita dall’85.
La VFR 750 R RC 30 e la RVF condividevano diverse scelte progettuali. Per primo il motore, un V4 con inclinazione tra le bancate di 90° con le medesime misure vitali di alesaggio per corsa: 70×48,6 mm. Quello della RC 30 era un 4 cilindri con distribuzione a doppio asse a camme in testa con cascata d’ingranaggi, quattro valvole per cilindro, bielle in titanio, carter umido e cambio a 6 rapporti. Il responso del banco era di 112 cavalli all’albero a 11.000 giri.
Altra soluzione comune tra le due moto era l’architettura del telaio, un’unità perimetrale in alluminio con doppio trave superiore portante. Diverso il forcellone, un classico doppio-braccio sulla RVF, monobraccio Pro-Arm con leveraggio invece sulla RC 30. L’avantreno di quest’ultima era composto da una forcella tradizionale Showa da 43 mm regolabile, con ruota anteriore da 17”. L’impianto frenante prevedeva due dischi baffati da 310 mm di diametro e pinze Nissin a quattro pistoncini. Nel complesso la RC 30 faceva registrare un peso a secco di 185 kg.
Questa, la formula di Honda per partecipare al neonato campionato, unita ad una posizione di guida tra le più estreme del segmento e doti dinamiche che prediligevano l’equilibrio generale alla performance pura.
Per schierare la moto in griglia, però, c’era un ulteriore passaggio da sbrigare, e di quelli non secondari. Prepararla in versione SBK. Per questo, al costo di 13,5 milioni di lire, era in vendita lo speciale kit HRC, disponibile per le strutture private che volessero competere sulla scena internazionale. In altre parole si trattava di una moto messa in produzione e in vendita esclusivamente per ottenere la qualifica di derivata di serie e quindi l’omologazione per correre in Superbike.
La RC30 introdusse alcune innovazioni tecniche che erano all’avanguardia per l’epoca. Il propulsore da 748 cm³ a 16 valvole a ingranaggi con doppio albero a camme in testa raffreddato a liquido denominato RC24 V4 da 90°, produceva 75,94 CV (56,63 kW) a 9500 giri/min per il modello giapponese e 118 CV (88 kW) a 11000 giri/min in quelli d’esportazione. Molte parti e componentistica era realizzata appositamente per questa moto, come le bielle in titanio che riducevano il peso e gli alberi a camme azionati da ingranaggi. L’ordine d’accensione del motore era diverso dalla VFR 750F stradale, con una disposizione dei perni di biella-manovella a 360° invece che a 180°. Questa caratteristica produceva una erogazione molto migliore della potenza ed era accoppiata ad un cambio a rapporti ravvicinati che aveva però una prima marcia molto lunga che arrivava fino a 82 mph (120 km/h). La frizione era antisaltellamento.
La frizione, il cambio, l’albero motore, la pompa dell’olio, le bielle, la pompa dell’acqua, i pistoni, motorino di avviamento, l’intero corredo valvole e le testate erano specifici per l’RC30. La distribuzione a cascata di ingranaggi era qualcosa di davvero unico: garantiva una potenza elevata e una risposta rapida, ideale per i circuiti più impegnativi. La configurazione V4, inoltre, assicurava un’erogazione di coppia fluida e progressiva, che contribuiva alla guidabilità della moto anche nelle situazioni più critiche.
Il telaio, in alluminio leggero e rigido, era progettato per offrire una precisione straordinaria nelle curve. Questo materiale non solo garantiva una maggiore resistenza, ma anche una riduzione dei pesi complessivi della moto, migliorando così la manovrabilità senza compromettere la stabilità. La rigidità del telaio, combinata con una geometria studiata nei minimi dettagli, permetteva alla RC30 di mantenere un comportamento impeccabile in ogni tipo di curva, con una risposta immediata a ogni comando del pilota.
L’avantreno, con la sospensione anteriore della RC30 che venne realizzata dalla Showa, aveva ruote e pastiglie dei freni con attacchi a sgancio rapido. Al posteriore c’era un forcellone monobraccio (originariamente brevettato dalla ELF of France) e fissato con un singolo dado a corona. Era inoltre dotata di sospensioni Showa regolabili. Il motore e la posizione del serbatoio del carburante erano collocati in posizione ribassata per ridurre il baricentro e migliorare la manovrabilità. Quest’ultimo era in lega leggera, mentre la carrozzeria era in fibra di vetro. Il sistema di scarico 4-2-1 era completamente in acciaio
Caratteristiche Tecniche
Lunghezza: 2.180 mm
Larghezza: 700 mm
Altezza: 1.185 mm
Altezza minima da terra: 130 mm
Peso a secco: 185 kg
Cilindrata: 748 cc
Tipo motore termico a 4 tempi
Cilindri: 4 a V di 90°
Raffreddamento a liquido
Alimentazione: iniezione
Alesaggio: 70 mm
Corsa: 48,6 mm
Frizione: multidisco
Numero valvole: 4 per cilindro
Distribuzione: doppio albero a camme
Potenza: 102 CV – 74 kW – 9.500 rpm
Coppia: 6,75 kgm – 66,2 Nm – 10.500 rpm
Cambio meccanico a 6 marce
Capacità serbatoio carburante: 19 lt
Capacità riserva carburante: 3,5 lt
Trasmissione finale a catena
Telaio Doppio trave in alluminio a diamante
Sospensione anteriore: Forcella Showa da 41 mm
Escursione anteriore: 140 mm
Sospensione posteriore: Monobraccio Pro-Link regolabile nel precarico
Escursione posteriore: 130 mm
Freno anteriore a doppio disco da 296 mm
Freno posteriore a disco da 256 mm
Misura cerchio anteriore: 17 pollici
Pneumatico anteriore: 120/70 VR17
Misura cerchio posteriore: 18 pollici Pneumatico posteriore: 170/60 VR17















