Salve amici , anche quest’anno (2017) alla fine ho ceduto , c’è ormai poco da vedere non ha più i fasti della fine anni settanta /ottanta (sono stato presente dalla seconda edizione del 1977 in poi) , come dicevo ho ceduto , ormai è dipendenza l’8 dicembre come sempre ho fatto visita al Motorshow di Bologna. Nulla di particolarmente eclatante ma respirare l’aria dei motori mi fa stare bene, fra tante supercar la mia attenzione si è soffermata anche su una piccola utilitaria che mi ha fatto ricordare la mia adolescenza la “Bianchina” trasformabile. Mio Zio Paolino, che i miei coetanei sicuramente ricorderanno, ne fu proprietario di diverse, ricordo che me la faceva guidare spesso lungo gli stradoni di campagna della periferia fiessese, avevo 14 anni , appena acquisii un controllo sufficiente passai a guidarla sulle strade asfaltate. Guidare quest’auto non era particolarmente emozionante ,tranne che per un particolare , non aveva il cambio sincronizzato quindi , moderni autisti , scalare ad una marcia inferiore non era cosi semplice come tutti siete abituati a fare con le vetture moderne ma per non sentire l’odiata “grattata” e a lungo andare rovinare gli ingranaggi del cambio ,necessitava una particolare tecnica, la classica “doppietta”. Con la Bianchina, mio zio mi insegnò tale tecnica. Provo a spiegarla velocemente, nello specifico, quando si voleva scalare marcia si iniziava premendo il pedale della frizione e rilasciando l’acceleratore, poi si metteva un attimo in folle la leva del cambio e subito dopo bisognava togliere il piede dal pedale della frizione, questo punto c’era la parte più importante, perché bisognava dare un colpetto all’acceleratore, in questo modo si alzavano i giri del motore e gli ingranaggi si muovevano più velocemente e favorivano l’innesto della marcia, dopo questa fase bisognava azionare la frizione di nuovo, con l’attenzione a non far scendere troppo i giri, e poi si poteva cambiare marcia, innestando quella più bassa. All’inizio ricordo era molto complicato poi la procedura e diventata un automatismo , confesso che anche oggi quando guido rilassato e devo scalare una marcia spesso uso ancora tale tecnica senza rendermene conto , sentire la leva del cambio che ti invita all’inserimento della la marcia inferiore spingendola solo con un dito è un vero piacere.
La Bianchina era prodotta dall’Autobianchi , è stata concepita come versione lussuosa della Fiat 500, della quale utilizzava l’autotelaio e la meccanica, fu presentata al pubblico il 16 settembre 1957 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Nei primi mesi di vendita, le consegne furono addirittura superiori a quelle della più economica, ma anche più spartana “500“, nonostante il divario del prezzo di listino pari a oltre il 15% rispetto alla sorella prodotta dalla Fiat.
Visto il buon successo, l’Autobianchi decise d’ampliarne la gamma e migliorarne le caratteristiche. Nel 1959 la potenza del motore crebbe a 17 CV, mentre nel 1960 vennero lanciate le versioni “Cabriolet” e “Panoramica”. La prima era una vera e propria vettura scoperta con capote in tela (la “Trasformabile” aveva un semplice ma ampio tetto apribile in tela e i montanti laterali fissi) e motore maggiorato (499 cm³ e 21 CV contro 479,5 cm³ e 17 CV); rispetto alla “Trasformabile” cambiava anche l’incernieramento delle portiere portato all’anteriore, mentre la seconda una giardinetta (ora la chiameremmo station) con motore a sogliola di 499 cm³ (22 CV) e passo allungato, derivata dalla “500 Giardiniera” della Fiat. Nello stesso anno sulla “Trasformabile” , fu adottato un motore di cilindrata incrementata a 499 cm³ (18 CV). L’’ultima versione ad esser introdotta nella gamma nel 1962 , fu la “berlina”. Realizzata come versione chiusa della “Cabriolet” (quindi a passo corto), alla quale venne aggiunto un tetto metallico dalle forme piuttosto squadrate (per garantire una certa abitabilità posteriore), questa versione fu la più apprezzata dal pubblico grazie anche alla caratteristica forma del lunotto posteriore, praticamente verticale, e inserito in una “Pagodina” protettiva, che garantiva una abitabilità maggiore a quella della contemporanea “500“.












