Una storia incredibile , a volte le favole diventano realtà.
Ci sono sogni che nella vita di un uomo riescono a concretizzarsi, magari a costo di innumerevoli sacrifici: questa è la storia di Jean Rondeau. Nato il 13 maggio del 1946 a Le Mans, ed il sogno della sua vita è quello di vincere nella gara di casa sua. Tutta la sua esistenza è intrecciata con le vicende della più famosa gara di durata del mondo. La passione per la “gara” inizia a soli tre anni, quando suo padre lo porta a vedere la 17^ edizione della 24 Ore di Le Mans, la prima disputata dopo il secondo conflitto mondiale. Jean inizia la carriera agonistica all’età di soli 8 anni ed a 10 anni partecipa al “Critérium du Jeune Pilote”, un evento organizzato dalla Automobil Club de l’Ouest per scoprire nuovi talenti, ma poco dopo, nel 1959 muore suo padre, il suo più grande sostenitore. Ma il sogno è sempre quello della 24 ore , ma Le Mans e Le Mans , se vuoi vincere la maratone costruendo e correndo con il tuo bolide , la strada da fare è tanta, infinita. Devi essere una via di mezzo tra un gran pilota, un inventore, un ingegnere , un costruttore ma soprattutto un matto , perché solo un meraviglioso pazzo può concepire una visione del genere. Rondeau non demorde e nel 1968, dopo tanta insistenza, arrivano i primi risultati: dopo le prime esperienze sulle monoposto addestrative si dedica alle gare per vetture turismo, per poi passare alle vetture Sport.
Finalmente nel 1972 arriva l’agognato debutto sul tracciato di casa , Jean riesce a disputarla con la Chevron B21-Ford nella categoria “Sport 2 Litri”, del team inglese di Brian Robinson. Primo di classe nelle prove ufficiali, si deve ritirare alla nona ora per problemi meccanici. Nel 1973, Rondeau torna a cercare fortuna a Le Mans, questa volta con la Porsche 908/02 del francese Christian Poirot nella categoria “Sport 3 litri“, ma non riesce nemmeno a qualificarsi. Emigra quindi nel Regno Unito, dove si guadagna il Trofeo “British Leyland”, per poi ritornare l’anno seguente al Circuit de la Sarthe ancora con Poirot e la sua Porsche. Nel 1974 ottiene il 25° tempo durante le qualifiche e termina la gara al 7° posto nella categoria “Sport 3 Litri“, e 19° in classifica generale. Dopo 3 tentativi senza successo nelle categorie degli sport-prototipi, Rondeau partecipa alla 24 Ore di Le Mans del 1975 nella categoria Turismo, pilotando la Mazda RX-3 di Claude Bouchet, ritirandosi per problemi meccanici a metà gara.
L’ambizione di Jean Rondeau e le difficoltà incontrate come pilota privato, lo portano a dare una importante svolta alla sua carriera diventando costruttore.
In quel periodo in Francia, dopo le vittorie della Matra, non c’era nessuna squadra che puntasse alla vittoria assoluta. Da questo desiderio nacquero due progetti: uno patrocinato dall’ex-progettista Peugeot Gerard Welter e l’altro su iniziativa di Jean Rondeau. Entrambi i progetti, che miravano a formare una “Equipe de France”, partivano dall’idea di utilizzare il motore PRV (Peugeot, Renault e Volvo) V6 2,7 litri ed i prototipi furono costruiti secondo le regole del Gruppo 6 – GTP, le cosiddette Gran Turismo Prototipo. Rondeau, che aveva bene in mente la potenza del Ford-Cosworth DFV scelse di costruire una GTP competitiva ma poco “patriottica”, scommettendo sul motore britannico, potente e affidabile, a discapito del propulsore francese derivato dalla serie. Questa scelta gli valse la mancanza di sostegno da parte delle grandi aziende francesi, che appoggiarono inizialmente il progetto di Gerard Welter. A questo punto Rondeau giocò una carta a sorpresa e firmò un contratto con la multinazionale della carta Inaltera : tale accordo comprendeva, in cambio della sponsorizzazione, l’attribuzione del nome del prototipo in fase di costruzione. Il patriottismo francese si schierò contro Rondeau, tanto che alla 24 Ore di Le Mans del 1976 la TF1, la principale emittente televisiva francese, diede ordini specifici ai suoi commentatori di non pronunciare il nome dello sponsor di Rondeau e nemmeno il nome ufficiale del prototipo, che fu battezzato Inaltera LM. Le due vetture che vennero iscritte alla gara furono completate in soli 5 mesi da Rondeau, un gruppo di suoi amici di lunga data e dai dipendenti del “Bureau de Design Ovale”, l’azienda che aveva progettato l’aerodinamica della Inaltera LM e furono letteralmente costruite nel cortile della sua casa, a pochi passi del circuito La Sarthe. La Inaltera, ed in seguito la Rondeau, deve fare i conti con le Porsche e con la Renault, che vincono le edizioni della maratona francese.
Nel 1978 finalmente la vettura prende il nome di Rondeau M378 , laddove la M viene utilizzata per omaggiare l’addetta alle pubbliche relazioni del team Majorie Brosse, la quale piazza il miracolo e trova i finanziamenti per sostituire Inaltera. La vettura , una logica evoluzione della Inaltera LM motorizzata dal classico Cosworth DFV , si piazza nona assoluta , l’anno successivo arriva la M379 , e ben tre vetture vengono iscritte alla 24 ore , l’equipaggio Ragnotti, Beltoise, Pescarolo vince la classifica del “gruppo 6” e sono quinti assoluti. Ma è il 1980 l’anno in cui i sogni avuti dall’età di tre anni del piccolo Jean diventano realtà , è l’anno del trionfo: la Rondeau 379B, con il DFV di 3 litri preparato da Mader, vince la 24 ore di Le Mans , pilotata dallo stesso Jean Rondeau e da Jean Pierre Jassaud. Per il pilota-costruttore di Le Mans è il trionfo, il raggiungimento del più grande ed importante obiettivo della sua vita. La gara ha un andamento rocambolesco , ma tutte le circostanze girano per poter realizzare il sogno , pronti-via sembra il diluvio universale , e di pioggia ne viene tanta per tutta la notte , timidamente la Rondeau numero 16 timidamente risale la china e al mattino si presenta al comando, in seconda posizione man mano che la pista si asciuga la Porsche del plurivincitore Jackie Ickx rimonta ma a mezz’ora dalla fine riprende a piovere che Dio la manda , Ickx monta le “rain” , mentre Jassaud al volente in quel frangente , tenta l’azzardo resta in pista con le “slick” , il belga rimonta furiosamente ma ormai la maratona volge al termine , all’ultimo giro un ultimo sussulto al cuore , il pilota della Rondeau sbanda va largo in una curva ma miracolosamente riesce a non impantanarsi negli ormai acquitrini delle vie di fuga di Le Mans e si presenta sul traguardo dove centomila francesi in piedi piangono e cantano la marsigliese. Il sogno è diventato realtà.
Le Rondeau rimangono nelle edizioni seguenti le principali antagoniste delle Porsche, ma dopo la fallimentare 24 Ore di Le Mans del 1983, la Ford France ritirò il suo appoggio economico e nonostante gli avesse commissionato una fornitura di monoposto addestrative, la sua azienda fu costretta alla chiusura alla fine del 1985. Tra i successi sportivi delle Rondeau c’è anche la vittoria nella 1000 Km di Monza del 1982 con Giorgio Francia e Henry Pescarolo.
Jean Rondeau non si arrende e come semplice pilota gareggia ancora nella 24 Ore di Le Mans del 1984 con una Porsche 956 privata del team “Preston Henn” in coppia con lo statunitense John Paul, jr. classificandosi secondo alle spalle della vettura gemella iscritta dal team Joest Racing.
La gara del 1985 fu meno foriera di soddisfazioni: sulla WM P83B di “Gruppo C” spinta da un motore Peugeot, partito 21° in griglia, si classifica 17° insieme a Michel Pignard e Jean-Daniel Raulet, in un equipaggio tutto francese.
Il 27 dicembre 1985, alle 15:30, la sorte decide di riprendersi indietro tutto con gli interessi , l’auto di Jean Rondeau rimane intrappolata tra le sbarre del passaggio a livello di Champagné, un treno colpisce la Porsche 944 sulla destra del paraurti, la macchina si girò e si infilò sotto il treno: per il pilota-costruttore non ci fu scampo. Muore così un uomo simbolo della passione di Le Mans per la propria gara.















