Presentata al Salone dell’automobile di Torino del 1948, quale evoluzione della “166 S“, assunse la sigla aggiuntiva “MM” (acronimo di Mille Miglia) dopo la vittoria della coppia Clemente Biondetti e Giuseppe Navone, con la 166 S “Coupé Allemano” alla Mille Miglia dello stesso anno.
La stagione sportiva del 1949 fu trionfale per la “166 MM” che, guidata da Clemente Biondetti e Ettore Salani, vince la Mille Miglia del 1949, anche conquistando la seconda piazza con l’equipaggio formato da Felice Bonetto e Francesco Cassani e, proprio la stessa auto pilotata stavolta da Luigi Chinetti vince la 12 Ore di Parigi , a maggio in coppia con Peter-Mitchell Thompson (nella realtà a causa di un malore Thompson fu costretto a gettare spugna lasciando al Chinetti l’incombenza della guida per le restanti 20 ore) , conquista la prima vittoria della Ferrari alla prestigiosa 24 Ore di Le Mans e poche settimane dopo Chinetti la porta ancora al trionfo alla 24 ore di SPA.
Prodotta in 34 esemplari, oltre ai 13 della versione ’53, che porta la potenza a 160 CV ed altre migliorie, la vettura venne principalmente “vestita” dalla Touring che presenta la sua versione “spider” al Salone di Torino 1948 insieme alla Ferrari 166 Inter-berlinetta.
Agile e performante, la Ferrari 166 MM aveva un telaio monoblocco in tubi di acciaio a sezione ellittica, con carrozzeria in alluminio, che concorreva alla riduzione del peso, pari a soli 650 chilogrammi.
Cuore pulsante del modello era un motore 2 litri, con 12 cilindri a V di 60 gradi, firmato da Gioacchino Colombo e poi affinato da Musso e Lampredi. Disposto anteriormente, questo propulsore superquadro con lubrificazione a carter umido sviluppava una potenza massima di 140 cavalli a 6600 giri al minuto. Notevole la velocità di punta, superiore ai 200 km/h. Il cambio era a 5 rapporti.
La 166 MM barchetta Touring è un’auto armoniosa, anche perché la carrozzeria spider si adatta perfettamente alle proporzioni dell’autotelaio. Su quest’auto il frontale è dotato di una griglia arrotondata a listelli orizzontali, con i parafanghi, ormai completamente integrati nel corpo vettura, che rimangono riconoscibili grazie ad un solco che parte sotto i fanali, posti sulla sommità dei parafanghi, gira loro intorno e si fonde armonicamente col corpo vettura. Una nervatura caratterizza la fiancata. Parte dal passaruota anteriore, si prolunga lungo tutta la fiancata, fino a toccare il passaruota posteriore, e si esaurisce nella coda arrotondata. La vettura è priva di capote, e gli occupanti, in un abitacolo completamente spoglio, sono protetti solo da un basso parabrezza sagomato.
Con la 166 MM si cimentarono anche le carrozzerie Zagato e Allemano, con due pregevoli versioni spider, oltre a Vignale che realizzò proprie versioni barchetta e coupé, entrambe su disegno di Giovanni Michelotti. Uno di questi ultimi modelli venne acquistato dal pilota belga Jacques Herzet, il quale, dopo la vittoria al rally Liegi-Roma-Liegi, la fece ricarrozzare dalla carrozzeria Oblin, che aveva sede a Bruxelles. Con la nuova carrozzeria barchetta il pilota ottenne la vittoria nella SAR Cup nel 1955.
Un altro esemplare del 1953 venne riconvertito dalla carrozzeria Autodromo e portata in gara alla Mille Miglia del 1953 da Bill Mason, padre del batterista Nick Mason. L’anno successivo, venne nuovamente impiegata con al volante John Fitch e Kirk Douglas.
Particolare è la 166MM del pilota della Scuderia Guastalla , Giulio Musitella, il quale fece riconvertire la propria vettura dalla Abarth nella Ferrari-Abarth 166 MM/53. Per alleggerire il peso complessivo la carrozzeria fu creata in pannelli d’alluminio imbullonati su un telaio portante. Ciò permetteva anche la sostituzione immediata delle parti danneggiate. La linea venne aerodinamicizzata il più possibile e fu aggiunto un terzo faro centrale. L’esordio in gara avvenne alla Targa Florio del 1953, dove ottenne la vittoria di classe. Il miglior risultato fu la vittoria alla 10 ore di Messina.
Molti altri furono i piloti privati che la acquistarono in allestimento “corsa” per impiegarla, con soddisfacenti risultati, in numerose competizioni, ma altrettanti furono i facoltosi clienti dell’allestimento “stradale” che, sovente, pretendevano particolari finiture e colorazioni.











Tra queste automobili destinate ai VIP, è d’obbligo citare l’esemplare verde e blu metallizzato ordinato da Gianni Agnelli, quello giallo e blu consegnato a Evita Perón oltre al “coupé Vignale” che fu donato da Enzo Ferrari a Froilan Gonzales, quale compenso per aver conquistato la prima vittoria in Formula 1 della Ferrari.
Il periodico Motor Trend nominò come sesta nella propria lista delle “Le più grandi Ferrari di tutti i tempi” la 166 MM Barchetta.
Ovviamente a tale fascino non fu esente Gianni Agnelli e da subito una Ferrari 166 MM trovò collocazione nel garage del Gianni nazionale. Quest’auto entrò immediatamente nel cuore dell’avvocato, per la sua eleganza essenziale. I lineamenti del modello lo portarono ad affibbiargli il soprannome di “barchetta“, che fece scuola nel definire una certa tipologia di vetture. Ancora oggi quel termine trova applicazione su certe fuoriserie, con carrozzeria scoperta e senza capote.
Agnelli fu un affezionato cliente del marchio di Maranello, già prima dell’ingresso di Fiat nel capitale sociale del “cavallino rampante”. I suoi modelli erano finemente personalizzati. Del resto, il gusto estetico non faceva difetto al noto capitano d’industria.
Tale approccio si coglie nella citata 166 MM, prima opera della casa emiliana acquistata dal gentiluomo piemontese. Nel suo esemplare, infatti, ci sono delle specifiche particolarmente eleganti, come la livrea verde e blu, in pendant con gli interni in pelle chiara. Un’automobile dal fascino unico, che si è fissata nella storia. Quasi come un mito nel mito. Del resto, l’ha voluta così un uomo di irraggiungibile fascino e di acuta intelligenza che, col suo charme, è riuscito a sedurre re e capi di Stato, principi e sultani, banchieri e finanzieri, ma anche tanta gente comune.
Facile innamorarsi di un modello del genere. Se è pure entrato nel cuore di Gianni Agnelli, un motivo deve pur esserci. Ricordiamo che nel 1994 questa vettura appartenuta all’avvocato venne anche esposta al MoMA di New York e poi alla National Gallerie di Berlino, come esempio del design automobilistico italiano.
La Ferrari 166 MM di Gianni Agnelli






