Moto Morini 3 ½

Avatar di taglia63Posted by

La 3 ½ cosi veniva definita , è una motocicletta costruita dalla Moto Morini tra il 1973 e il 1983.
La 3 ½ nasce in un periodo di cambiamenti per il mercato motociclistico italiano e mondiale, ma anche per la Moto Morini: nel 1969, infatti, era deceduto il fondatore della casa bolognese, Alfonso Morini. Per rispondere alle sfide lanciate dai costruttori italiani ed esteri, la Morini decise di mettere in cantiere una nuova serie di modelli che potessero aver presa sul pubblico e che fossero semplici da produrre. A progettare questi nuovi mezzi fu chiamato l’ingegner Franco Lambertini, ex Ferrari, che si era già distinto in Morini rivisitando, nel 1970, il motore del Corsaro Regolarità. Il primo prototipo della nuova serie di moto venne esposto al Salone di Milano 1971, per entrare in produzione nel 1973.
La “3 ½“, come venne battezzata la nuova Morini, prendendo il nome dalla cilindrata di 350 cm³, era spinta da un bicilindrico a V di 72° (angolazione scelta da Lambertini come miglior compromesso tra vibrazioni, ingombro, peso e compattezza del motore) ad aste e bilancieri, dotato di testate Heron a testa piatta, già viste sui Corsaro Regolarità. Il cambio era a 6 rapporti (uno dei primi su moto di serie). Il motore presentava inoltre un disassamento tra i due cilindri, con quello posteriore sfalsato di 5 centimetri.
Questo il pensiero dell’ing. Lambertini a tal proposito : “Ero convinto – racconta – che la struttura di motore per ottenere il miglior rapporto tra la sezione frontale, l’estetica e le dimensioni fosse il V stretto di 72° longitudinale, che è solo poco più largo del monocilindrico, con i cilindri che non sporgono dal profilo della moto ed offrono una buona sistemazione dei tubi di scarico. Per evitare che il cilindro posteriore soffrisse di scarso raffreddamento ho messo le bielle una di fianco all’altra e non gemellate come nel caso del motore Harley-Davidson. In tal modo il cilindro posteriore è disassato rispetto all’anteriore, nello specifico di 50 mm, e già così è ben raffreddato, poi la gamba del pilota fa da deflettore ed indirizza una colonna d’aria sul cilindro posteriore. In più ho invertito la collocazione degli scarichi per far si che il collettore del cilindro posteriore non venisse investito dall’aria surriscaldata di quello anteriore. Anche in condizioni estreme la differenza di temperatura tra i cilindri è al massimo di 15° C.”
Oltre a questo Lambertini inserisce soluzioni decisamente all’avanguardia per quei tempi. Le teste tipo Heron, cioè piatte con le camere di scoppio ricavate nel cielo dei pistoni , l’asse a camme è situato tra i cilindri nel punto più alto possibile per ridurre la lunghezza delle aste e il comando della distribuzione è affidato – per la prima volta in campo motociclistico – ad una cinghietta in gomma (sarà la Pirelli l’azienda che se ne dovrà occupare). E ancora, cambio a sei marce, accensione elettronica (che sarà realizzata appositamente su sue specifiche dalla Ducati), avviamento elettrico. Dopo la presentazione dei disegni la proprietà suggerisce al giovane ingegnere alcune modifiche , il comando del cambio è a sinistra (i clienti Morini sono abituati ad averlo a destra) e si ritiene superfluo l’avviamento elettrico perché per i vertici il vero motociclista non lo avrebbe gradito. Il Lambertini corregge il tiro e inoltre inserisce nel motore una frizione a secco come su quelli da corsa, una soluzione che oltretutto permette ingombri minori e la possibilità di montare un solo filtro dell’olio (che sarebbe stato insufficiente con una frizione in bagno d’olio che, al contrario di quella a secco, produce molte impurità).
Nel 1971 iniziano le prove al banco, senza particolari problemi. Il più “evidente” riguarda i condotti di aspirazione e scarico che il tecnico ha studiato a lungo per ottenere la massima turbolenza. Ma la macchina di lavorazione non li realizza esattamente come da disegno e tali imperfezioni causano una perdita di 2-3 CV di potenza. Nel frattempo viene sviluppato il telaio e relative sovrastrutture. IL primo prototipo della 350 bicilindrica viene presentato al Salone di Milano (20-28 novembre 1971). L’estetica è convenzionale, il telaio è un classico doppia culla chiusa (realizzato alla Verlicchi), le sospensioni sono Marzocchi, i freni a tamburo Grimeca. Il motore viene annunciato per 35 CV a 8.500 giri, valore record per la cilindrata di quei tempi.
Dopo l’esposizione al Salone di Milano la moto viene sviluppata in parecchi dettagli. Vi è una nuova strumentazione (dalla CEV si è passati alla Veglia Borletti con contagiri elettronico e montaggio elastico), i supporti del faro sono diversi e più leggeri, il clacson è stato sostituito da una potente tromba Fiamm, i carburatori hanno perso il filtro in metallo e ora beneficiano di doppi filtri in scatola di plastica posti sotto il serbatoio. Quest’ultimo è leggermente diverso così come la sella che avrà forma e rivestimento ancor più moderni al momento di andare in produzione.
Le consegne della 3 ½ iniziano nella primavera 1973 l’accoglienza del pubblico ù ottima ma non sono tutte rose e fiori. Il guaio più serio riguarda una certa… propensione alla sbiellata! Così viene spiegata in un’intervista dall’ing. Lambertini: “L’accoppiamento della dentellatura fra biella e cappello non era precisissima, c’era una differenza minima di 3-4 centesimi che sfuggiva ai controlli. Si generava così uno sforzo anomalo che prima fletteva e poi spezzava i bulloni di unione fra biella e cappello. L’inconveniente si verificò sui primi 200-250 motori che tornavano in fabbrica nelle condizioni immaginabili. Era però difficile risalire alla causa, individuata successivamente esaminando i pezzi nuovi. Abbiamo così cambiato fornitore e il problema non si è più presentato.”
Per tutto il 1973 la 3 ½ era disponibile nella sola versione Standard, di impostazione turistica (nota anche come “GT” o, per l’esportazione, come “Strada“). Già nel 1974, però, venne lanciata la versione “Sport”, con motore potenziato a 39 CV a 8500 giri/min (anziché i 35 a 8200 della Standard), semimanubri, sella sportiva, freno anteriore a tamburo di maggiori dimensioni (230 mm anziché 200) e varie altre modifiche estetiche e meccaniche. La 3 ½ si dimostrò all’altezza della concorrenza sia a due che a quattro tempi: la Standard arrivava a 166 km/h, mentre la Sport superava di poco i 170 km/h, in entrambi i casi con ridotti consumi di carburante. La prima serie conclude il suo primo ciclo nel 1977, quando sarà dotata di cerchi in lega leggera e freno a disco anteriore, evolvendosi poi in altre versioni, riviste anche nell’estetica, che tuttavia non avranno il successo , l’apprezzamento e soprattutto la personalità della prima serie che ha dato il via ad una vera e propria leggenda del motociclismo italiano.

Caratteristiche tecniche – Moto Morini 3 ½ Standard 1973
Dimensioni e pesi
Lunghezza 2060 mm
Interasse: 1390 mm
Massa a vuoto: 144 kg
Serbatoio: 16 litri
Tipo motore: quattro tempi, bicilindrico a V di 72°
Raffreddamento: ad aria
Cilindrata : 344,16 cm³ (Alesaggio 62 x Corsa 57 mm)
Distribuzione: ad aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro
Alimentazione: 2 carburatori Dell’Orto VHB 25 BS
Potenza: 35 CV a 8200 giri/min
Rapporto di compressione: 10:1
Frizione: multidisco a secco
Cambio: 6 marce in blocco, comando a pedale singolo sulla destra
Accensione elettronica
Trasmissione primaria a ingranaggi elicoidali, finale a catena
Avviamento a pedale
Telaio a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio
Sospensioni Anteriore: forcella teleidraulica
Sospensione Posteriore: forcellone oscillante con due ammortizzatori teleidraulici regolabili
Freni Anteriori : tamburo centrale doppia camma ø 200 mm
Freni Posteriori : tamburo centrale monocamma ø 160 mm
Pneumatici anteriore: 3.25-18″; posteriore: 4.10-18″
Prestazioni dichiarate
Velocità massima 166 km/h km/h
Consumo 4,1 litri per 100 km

 

Lascia un commento