Questa è la storia di uno scanzonato pilota inglese , che nonostante terribili incidenti riuscì a conquistare due mondiali nella top class , seguito da schiere di tifosi in ogni parte del mondo , morì all’ancor giovane età di 53 in Australia (dove si era trasferito in quanto a seguito delle molteplici fratture non riusciva più a vivere nella umida Inghilterra) a causa di un male incurabile.
Barry Steven Frank Sheene (Londra, 11 settembre 1950 – Sydney, 10 marzo 2003) nasce nella periferia di Londra a Holborn. Il padre Franck è amico , meccanico e preparatore di Francisco Bultò, proprietario della Bultaco (casa motociclistica spagnola), è lui ad iniziare il giovane Barry al mondo dei motori. Il padre appassionato di competizioni costruisce per il figlio una piccola moto di 50 cc. motore Ducati 4 tempi, che presto Barry sostituirà con una Triumph Tiger C ed in seguito una Bultaco e una Derbi.
Il debutto agonistico avvenne a soli diciotto anni (all’epoca nessuno iniziava a gareggiare prima della maggiore età), riuscendo ad ottenere buoni risultati a livello nazionale. Nel 1970 ebbe l’opportunità di esordire nel mondiale in occasione dell’ultima prova stagionale, il GP di Spagna. Corse in classe 500 in sella ad una Bultaco ma dovette ritirarsi; utilizzando invece una Suzuki privata ottenne il secondo posto in classe 125.
Il 1971 segna il proprio vero ingresso nel motociclismo che conta , disputa per la prima volta il motomondiale ed è subito protagonista , cominciò a farsi notare nelle piccole cilindrate. Troviamo il suo nome nella 50 , vittorioso con una Kreidler a Brno, e poi nella 125 in sella alla Suzuki bicilindrica colse tre successi in Belgio, Svezia e Finlandia. Quattro vittorie, nella sua prima stagione che gli fruttarono il titolo di vice campione del mondo della quarto di litro alle spalle del mitico Angel Nieto.
In seguito ebbe alcune stagioni sfortunate , ma non impedirono di mettersi in luce anche a grazie ad alcune trovate innovative per l’epoca , per esempio il suo casco con il disegno di Paperino divenne un‘icona, fu uno dei primissimi a presentarsi al via dei gran premi con una tuta bianca , in un epoca in cui tutti correvano con un anonima tuta nera.
Nel 1974 la casa nipponica di Hamamatsu decise di affidargli le Suzuki ufficiali 500 e 750, lui la ripagò portandola alla vittoria per la prima volta nella classe 500 ad Assen in Olanda (l’università della moto) , superando all’ultima curva il mito dell’epoca , il grande Giacomo Agostini.
Nei due anni successivi 1976 e 1977 vinse il campionato del mondo della classe 500 , fu secondo nel 1978 e terzo nel 1979.
Da non dimenticare anche due terribili incidenti , uno nel 1975 a Daytona (allego filmato dell’incidente) in seguito dello scoppio del pneumatico posteriore a 280 kmh , si ritrovò con una gamba piegata in avanti di 90° , molti pensarono fosse la fine della carriera ma dopo 4 mesi si presento ristabilito in Olanda e vinse il suo primo gran premio in classe 500 , e un secondo gravissimo a Silverstone nel 1982 durante una sessione di test investì in pieno la moto di pilota caduto in precedenza , rimasta a centro pista e non segnalata . A seguito di quest’ultimo incidente ci vollero ben 27 viti per ricomporre le gambe del povero Barry , i medici che lo rimisero in piedi gli chiesero di abbandonare le corse , una nuova caduta sarebbe stata fatale per le proprie gambe , ma l’anno successivo imperterrito si ripresentò in pista e nel 1984 colse il suo ultimo podio.
Oltre al paperino sul casco , altra icona del motomondiale dell’epoca era il suo numero 7, fu il primo che da campione del mondo si presentò al via l’anno successivo non con il classico 1 ma sempre fedele al suo unico numero 7.
Si presentava nel paddock in Rolls Royce con targa personalizzata BSR 7 (Barry Sheene Rancing 7) .
Nel 1977, fu insignito di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Vi racconto un aneddoto , ebbi la possibilità di conoscerlo personalmente , purtroppo all’epoca non esistevano ancora gli smatphone per immortalarlo con un moderno selfie. Mi trovavo a Imola nel paddock all’ultima gare del motomondiale 1983 , la celebre sfida finale tra Kenny Roberts e l’astro nascente Freddie Spencer , durante la procedura di partenza riuscii ad infilarmi nella pit-line e successivamente al muretto box che delimitava la pista dalla corsia box. Barry partecipava alla gara con una Suzuki non competitiva e rientrò al primo giro con il motore in panne, incredibile ma vero venne al muretto box e si sedette vicino a me , praticamente guardammo la gara seduti con le gambe a penzoloni dentro la pista , eravamo all’inizio del muretto box , all’uscita della variante bassa. Abbiamo anche scambiato qualche parola , non parlava molto italiano ma lo capiva , ovviamente nessun addetto al controllo si arrischiò a venirmi a chiedermi alcun pass , ero con Barry. A fine gara si alzò in piedi ad esultare per la vittoria del titolo da parte di Spencer e prima ti tornarsene nel suo box mi salutò con una pacca sulla spalla e un arrivederci “see you next year”.