Alfa Romeo 158

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Il primo mondiale di F1 arride all’Italia , infatti il vincitore fu Nino Farina su Alfa Romeo 158 , bolide rosso che ebbi occasione di ammirare al Gran Premio Storico di Montecarlo alcuni anni fa.
Nasce nella primavera del 1937, nelle officine della Scuderia Ferrari, che, a quei tempi, era il reparto sperimentale della Alfa Romeo, su progetto di Gioacchino Colombo, e con la preziosa collaborazione, specie per la parte riguardante le sospensioni ed il cambio, dell’ingegnere Alberto Massimino. La sigla 158 stava ad indicare, secondo una consuetudine del tempo, la cilindrata, di 1500 cc, ed il numero dei cilindri, 8; il motore era sovralimentato, con un compressore volumetrico Roots monostadio. Fin dalle prime prove al banco dimostra notevoli doti di potenza ed affidabilità, arrivando a sviluppare 180 CV, a 6.500 giri al minuto, potenza che, alla sua prima apparizione in pista, giunge a 195 CV, a 7.000 giri/minuto.
Nel 1949, la vettura sarà inquadrata nel regolamento della nuova “Formula A”, poi “Formula 1”, che equiparava vetture da 1,5 sovralimentate e 4,5 litri aspirate.
L’Alfa Romeo 158 debutta ufficialmente alla Coppa Ciano di Livorno del 7 agosto 1938, ed è subito vincente, con Emilio Villoresi 1°, e Clemente Biondetti 2°. L’evoluzione successiva (modello B), porta la data del 1939, e, con una potenza cresciuta a 225 CV, a 7.500 giri/minuto, si aggiudica la Coppa Ciano di Livorno, del 30 luglio 1939, e la XV Coppa Acerbo di Pescara, del 13 agosto 1939, con Clemente Biondetti.
Nel 1940, a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, le gare automobilistiche si ridussero drasticamente fino a fermarsi , a guerra terminata, nel 1946, si torna a gareggiare e la 158 , ulteriormente alleggerita e potenziata rispetto all’anteguerra (modello 158/46; 254 CV; 7.500 giri/minuto; peso di 630 kg), si aggiudica, con Nino Farina, il I Grand Prix des Nations di Ginevra, del 21 luglio, piazzando anche al 2º posto Carlo Felice Trossi ed al 3° Jean-Pierre Wimille. Vince anche, con Achille Varzi, il III Gran Premio del Valentino, che si svolge a Torino il 1º settembre al 2° posto Jean-Pierre Wimille, anche lui su 158), e, con Carlo Felice Trossi, si aggiudica il III Circuito di Milano, del 30 settembre, con Achille Varzi 2°, e Consalvo Sanesi 3°, anche loro sulla 158.
Nel 1947, grazie alla adozione di un compressore volumetrico Roots a 2 stadi, la potenza viene ulteriormente elevata a 275 CV, sempre a 7.500 giri/minuto (modello 158/46B), e, in quell’anno, piovono vittorie a ripetizione spesso occupando tutti 3 i gradini del podio.
Nel 1948, a stagione inoltrata, la potenza sale ulteriormente, fino a 315 CV, sempre a 7.500 giri/minuto (modello 158/47), anche quell’anno vittorie a ripetizione spesso lasciando alla concorrenza solo le briciole.
Il 1949 anno buio a causa della morte di un proprio promettente giovane pilota Jean-Pierre Wimille, causa un incidente di gara (a bordo di una Gordini) oltre alla scomparsa di Carlo Felice Trossi (causa un male incurabile), la squadra corse dell’Alfa, dominatrice degli ultimi 3 anni di gare, decide, pertanto, di non partecipare ad alcun Gran Premio.
Nel 1950 avviene il debutto della 158 nel 1º Campionato del Mondo di Formula 1, con una squadra completamente nuova, che vede schierati due piloti italiani, Nino Farina, ed il non più giovane Luigi Fagioli, classe 1898, ed un pilota argentino, quasi quarantenne, ma di cui si dice un gran bene, tale Juan Manuel Fangio. Con una potenza di 350 CV, a 8.600 giri/minuto, e con un peso di soli 700 kg, che porta il rapporto peso/potenza al notevole (per quei tempi) valore di 2 kg/CV, l’Alfa Romeo 158 non ha praticamente rivali, aggiudicandosi 6 dei 7 Gran Premi di questa prima stagione mondiale, e con, Nino Farina, si aggiudica anche il 1º titolo di campione del mondo di Formula 1.
Le doti principali di questa vettura, come riferirono tutti i grandi piloti che ebbero modo di condurla, furono potenza, velocità, affidabilità, estrema maneggevolezza.
Gli addetti ai lavori considerano il 158 come uno dei migliori motori da corsa mai realizzati, perché si mantenne competitivo anche se con qualche ritocco, fino alla sua ultima gara, corsa tredici anni dopo il suo esordio. All’epoca si era ancora lontani dal concetto di motore posteriore, per cui anche l’Alfa Romeo decise di continuare a lavorare in questa direzione, per cui anche in questo caso nacque un’auto con motore anteriore. Dato che la trazione era sulle ruote posteriori, il propulsore era sistemato longitudinalmente. Nonostante non fosse di dimensioni particolarmente generose, era molto frazionato, infatti Colombo progettò un 8 cilindri in linea. Per ovviare ai problemi d’ingombro, l’ing. Satta Puliga decise di montare il cambio al retrotreno in blocco col differenziale. Questa soluzione, inventata dalla Lancia, è stata uno dei simboli dell’Alfa Romeo per molti anni, poiché venne ripresa anche sulle auto di serie ed ancora oggi è adoperata su vetture supersportive a motore anteriore come Ferrari e Maserati. È uno schema definito transaxle, che consente di avere più spazio nell’abitacolo, dato che il cambio è più arretrato, ma anche e soprattutto di ripartire le masse in modo quasi ottimale. Infatti grava il 51% circa del peso sull’avantreno e il 49% circa sul retrotreno.
Nonostante l’epoca, il motore era realizzato con materiali molto futuristici ed impiegati anche nella Formula 1 moderna. Il monoblocco era realizzato in elektron, una speciale lega ultraleggera al magnesio mentre l’albero motore era costruito con acciaio ad alto tenore di nichel e cromo. La distribuzione a due valvole per cilindro, azionato da un bialbero a camme in testa, azionati da una cascata di ingranaggi. Per migliorare il rendimento termodinamico si fece utilizzo di camere di combustione emisferiche e, per ovviare alle perdite di carico nei condotti di aspirazione e scarico, le valvole vennero inclinate di 100°. In tutto pesava solo 165 chilogrammi.

 

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