23 Aprile 1973, non ho ancora raggiunto un’età in doppia cifra ,ma finalmente andrò a vedere la mia prima gara di moto dal vivo , la 200 Miglia di Imola.
L’idea della manifestazione si deve a Checco Costa (padre del mitico Claudio Costa , il medico dei piloti), dirigente sportivo imolese, organizzatore di gare motociclistiche mondiali, il quale pensò di organizzare in Italia una competizione che potesse rivaleggiare con le grandi gare di durata che si disputavano oltreoceano, prima tra tutte la 200 Miglia di Daytona.
Nel 1972 anno di esordio della 200 Miglia il successo fu enorme , ma nel 1973 fu un autentico “boom” di pubblico sfiorando i 100.000 spettatori , ricordo la mia partenza di buon’ora da Fiesso Umbertiano (RO) accompagnato da mio padre a bordo del Fiat 1100 D familiare di Angelo Tomaini “angiolin” fratello di Antonio ingegnere in Ferrari ai tempi di Lauda, Regazzoni, Villeneuve e Scheckter . Arrivati ad Imola in prima mattinata abbiamo raggiunto il circuito dopo un camminata di 2 chilometri (era impossibile parcheggiare nei pressi del circuito), percorrere la distanza parcheggio –circuito non fu ne faticoso ne noioso anzi camminare con moto che ti passavano di fianco e moto parcheggiate per me , bimbo di 9 anni , era un mondo nuovo , un’autentica goduria.
Quello che vi voglio parlare è della seconda manche (la 200 Miglia di Imola veniva disputata in 2 manche di 100 miglia cadauna) , ebbene non so per quale motivo , o almeno non lo ricordi di preciso , ma all’inizio di tale manche ci ritrovammo tutti e tre a bordo pista , dietro una fila di balle di paglia , alla mitica curva della Tosa , nella zona di frenata.
Ricordo di aver visto tutta la gara in quella posizione con moto che ci passavano a non più di 20 metri per imboccare il tornante della Tosa , ancor oggi ricordo i rombi delle 4 tempi (la gara era aperta a tutte le cilindrate da 350 a 750 e sia a motori a 2 e 4 tempi) e l’inconfondibile odore di ricino dei 2 tempi. Sono ancora impressi nella mia mente (per fortuna godo di ottima memoria) i diversi stili di guida , a quel tempo erano neofiti i piloti che guidavano sporgendo il ginocchio interno alla curva fino a sfiorare l’asfalto. Un pilota in particolare rimase nella mia memoria sia perché era bello da vedere, guidava col ginocchio a terra , sia perché sembrava correre con una moto più piccola delle altre , ma soprattutto perché andava maledettamente forte, Jarno Saarinen.
La gara fu vinta dal grande Jarno a bordo della piccola Yamaha TZ 350 (bicilindrica a tempi) seguito nell’ordine da Bruno Spaggiari (Ducati), Walter Villa (Kawasaki) , Tevuo Lansivuori (Yamaha) e Kel Carruthers (Yamaha) , alla gara parteciparono piloti di tutti i continenti , ricordo tra i ritirati Renzo Pasolini e Barry Sheene.
Finita la gara tutti di corsa al guardrail all’esterno della Tosa dove vi erano appoggiate le moto cadute durante la gara , ricordo che non volevo più uscire dalla pista tanto era il piacere di vedere da vicino moto da competizione e poterle accarezzare con la mano. Alla fine mi convinsero e il ritorno al parcheggio furono 2 chilometri pieni di adrenalina , con bolidi che sgassavano, rombanti accelerate e qualche impennata lungo le vie della cittadina romagnola, un’autentica fiera della moto.
Fu la prima e ultima volta che vidi correre dal vivo Saarinen e Pasolini, i quali purtroppo ci lasciarono per sempre un mese dopo , il 20 maggio in un tragico Gran Premio delle Nazioni a Monza. Ma questa è un’altra storia.